Giulio Rapetti, in arte Mogol. Le sue parole, non solo per l’indimenticabile sodalizio artistico con Lucio Battisti, fanno parte nel dna musicale del nostro Paese che ciascuno di noi ha spontaneamente ereditato. Senza dimenticare i contributi per Mina, Celentano, Morandi, Cocciante, Dalla, Tenco e David Bowie solo per citarne alcuni.
Fondatore per beneficenza, nel 1981, della Nazionale Italiana Cantanti e da settembre 2018 Presidente della Siae, ci accoglie in Umbria al CET, il Centro Europeo Toscolano, dove si sono formati oltre 2.700 artisti. Dopo le Ciligie e le amarene, nel suo ultimo libro, Le arance e limoni edito da Minerva, il suo sguardo sulla vita viene scolpito in aforismi, pensieri e parole da non perdere.
Oggi che si è ristabilito guarda, con l’arte della parola, all’essenziale e all’invisibile che sceglie lui stesso di immaginare e raccontare. E parla, a 82 anni, della fede, di come ha superato la malattia e di come guarda al domani.
Mogol si racconta